Oltre il Sogno.
Secondo appuntamento: il sogno.
23 novembre 2023 ore 19
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L’uso del sogno per guarire e per creare non nasce con Freud e Jung.
É una tecnica antichissima che appartiene allo sciamanesimo di tutti i popoli.
Il sogno spesso era indotto da pratiche di trance o facendo ricorso a erbe psicotrope: nel racconto che segue si tratta dell’ayahuasca.
Con Ernan Mamani in viaggio sulle Ande, abbiamo incontrato Antonio, l’oste di una taverna, l’unica, a San Pedro de Casta, prima di arrampicarci a Markauasi, che ci raccontò di aver preso ritualmente l’erba con lo sciamano per una polmonite.
Nel corso del delirio seguito
lo sciamano sotto forma di serpente lo guida nel suo mondo interno e mette in ordine le visioni distorte,
quando finisce il rito,
la polmonite è sparita.
Il sogno e la visione sono la strada per la creazione.
Il sogno non si presenta come una realtà ordinaria, ma come una sua trasformazione che va letta da chi ne ha capacità.
Nella sua amplificazione il sogno di una bambina che fa pipi si trasforma in una nave che prende il largo e si trova in mezzo alla tempesta.
Dal materiale che emerge può nascere una comprensione più profonda di sé, ma anche una storia che superata l’esperienza del soggetto diventa opera d”arte, attraverso paradossi, capovolgimenti e camuffamenti.
Cito da wikipedia:
Rituali di incubazione si conoscono già in epoca sumerica. Questa pratica richiedeva che un sognatore scendesse in un luogo sacro sotterraneo, dormisse una notte sognando e andasse da un interprete a raccontare il sogno, che di solito rivelava una profezia.
Nell’antica Grecia, l’incubazione veniva praticata dai membri del culto di Asclepio e le offerte votive ritrovate nei suoi centri di culto ad Epidauro, Pergamo e Roma attestano l’efficacia del rito. L’incubazione venne adottata da certe sette cristiane ed è tuttora in uso in pochi monasteri greci.
In Nordafrica la pratica dell’incubazione, estremamente antica (è segnalata già da Erodoto), è tuttora molto vivace. Essa si pratica soprattutto presso le sepolture dei famigliari o di qualche santo o marabutto. Il termine che la designa più di frequente è asensi (dal verbo ens “passare la notte”).