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OLTRE IL TEATRO – ENERGIA-

Oltre il teatro. Terzo appuntamento. Giovedì 7 dicembre ore 19,00
L’energia

L’energia è la grandezza fisica che misura la capacità di un corpo o di un sistema fisico di compiere lavoro, a prescindere dal fatto che tale lavoro sia o possa essere effettivamente attuato.

Il termine energia deriva dal tardo latino energīa, a sua volta tratto dal greco antico ἐνέργεια enérgheia, parola già usata da filosofo greco Aristotele, che deriva da ἐνεργής energhès (o l’equivalente ἐνεργός energós), ‘che ha forza di fare’, che opera’, ‘attivo’;
questi termini derivano dalla composizione della particella ἐν en (dentro) con il termine ἔργον érgon, ‘vigore fisico’, ‘opera’, ‘lavoro’.

Aristotele introdusse però il termine in ambito filosofico per distinguere la δύναμις dýnamis, la possibilità, la “potenza” propria della materia informe, dalla reale capacità (ἐνέργεια) di far assumere in atto realtà formale alle cose.

Una precisa definizione di energia
non è semplice da fornire,
l’energia non ha alcuna realtà materiale ma è piuttosto un concetto matematico astratto che esprime un vincolo rispetto ai processi possibili e una simmetria temporale delle leggi fisiche. Non esiste quindi nessuna sostanza o fluido corrispondente all’energia pura. Come scrisse Feynman:
«È importante tener presente che nella fisica odierna, non abbiamo alcuna conoscenza di cosa sia l’energia.»
(Richard Feynman, La fisica di Feynman, Vol I, p 4-1)

Un corpo può incrementare o diminuire la sua energia in seguito a una interazione con altri corpi:
la variazione di energia riflette quindi i cambiamenti occorsi nelle sue proprietà microscopiche.

Esistono numerose possibili interazioni; dal punto di vista qualitativo si possono distinguere la meccanica, con ad esempio urti fra corpi rigidi o forze fra particelle puntiformi, dalla termodinamica, dove si considerano ad esempio le reazioni fra gas a temperature differenti.

Dal punto di vista del tipo di interazione, esistono in natura diversi tipi di forze, come quella gravitazionale, quella nucleare o quella elettrica

In fisica
In fisica l’entropia, una funzione di stato, è una grandezza che viene interpretata anche come una misura del disordine in un sistema, caso limite, l’intero universo.

Nel secondo principio della termodinamica, l’entropia quantifica l’indisponibilità di un sistema a produrre lavoro, con la dispersione in calore, e fornendo indicazioni sulla direzione in cui evolve spontaneamente un sistema.

Il principio di entropia, affermato inizialmente dal fisico e matematico tedesco Clausius, porta a concludere che, da ultimo, non essendovi più energia-calore da trasformare in lavoro necessario per i processi fisici di trasformazione, l’universo finirà per morte termica.

Neghentropia
Accanto ai fenomeni entropici che obbediscono al principio di causalità e a quello del livellamento viene ipotizzata l’esistenza dei complementari fenomeni sintropici che dovrebbero obbedire ai due principi opposti della finalità e della differenziazione.

Perciò il concetto di sintropia è formalmente equivalente a quello di informazione elaborato per la prima volta da Ralph Hartley nel 1928 e a quello di neghentropia (o entropia negativa) proposto da Erwin Schrödinger. Secondo Fantappié i fenomeni sintropici distinguono la materia vivente da quella inanimata e sono finalistici, in quanto determinati da cause poste nel futuro [?], oltre che non riproducibili in laboratorio.

Le regole di conservazione e crescita dell’energia diventano più complesse quando di parla di sistemi aperti, come quelli biologici che vengono definiti dissipativi per il modo caotico con cui gestiscono le proprie risorse.

Sistemi dissipativi
Per struttura dissipativa (o sistema dissipativo) si intende un sistema termodinamicamente aperto che lavora in uno stato lontano dall’equilibrio termodinamico scambiando con l’ambiente energia, materia e/o entropia. I sistemi dissipativi sono caratterizzati dalla formazione spontanea di anisotropia, ossia di strutture ordinate e complesse, a volte caotiche.

Questi sistemi, quando attraversati da flussi crescenti di energia, materia e informazione, possono anche evolvere e, passando attraverso fasi di instabilità, aumentare la complessità della propria struttura (ovvero l’ordine) diminuendo la propria entropia (neghentropia).

Il termine “struttura dissipativa” fu coniato dal premio Nobel per la chimica Ilya Prigogine alla fine degli anni ’60. Il merito di Prigogine fu quello di portare l’attenzione degli scienziati verso il legame tra ordine e dissipazione di entropia, discostando lo sguardo dalle situazioni statiche e di equilibrio, generalmente studiate fino ad allora, e contribuendo in maniera fondamentale alla nascita di quella che oggi viene chiamata epistemologia della complessità. In natura i sistemi termodinamicamente chiusi sono solo un’astrazione o casi particolari, mentre la regola è quella di sistemi termodinamicamente aperti, che scambiano energia, materia e informazione con i sistemi in relazione e, grazie a questo scambio, possono trovarsi in evoluzione.

Fra gli esempi di strutture dissipative si possono includere i cicloni, la reazione chimica di Belousov-Zhabotinskyi, i laser, e – su scala più estesa e complessa – gli ecosistemi e le forme di vita.

Un esempio molto studiato di struttura dissipativa è costituito dalla cosiddette celle di Bénard, strutture che si formano in uno strato sottile di un liquido quando da uno stato di riposo ed equilibrio termodinamico viene riscaldato dal basso con un flusso costante di calore. Raggiunta una soglia critica di temperatura, alla conduzione del calore subentrano dei moti convettivi di molecole che si muovono coerentemente formando delle strutture a celle esagonali (ad “alveare”). Con le parole di Prigogine:

“L’instabilità detta ‘di Bernard’ è un esempio lampante di come l’instabilità di uno stato stazionario dia luogo a un fenomeno di ad una organizzazione”, da questo derivano strutture che si organizzano per gestire le loro risorse energetiche.

Teoria dei sistemi
L’auto-organizzazione compare spontaneamente e i suoi effetti sono più stabili ed efficienti sulla struttura e sul comportamento dei sistemi aperti.
Questo genere di sistemi è tipicamente lontano dall’equilibrio termodinamico e tende a scambiare energia, materia o informazione con l’ambiente esterno. Un sistema auto-organizzato muta la sua struttura fondamentale in funzione della sua esperienza e del suo ambiente. Tutte le entità che prendono parte all’interazione (componenti del sistema, agenti) agiscono in base a semplici regole e tendono a creare ordine dal caos senza possedere una visione dello sviluppo globale.

Di regola i sistemi auto-organizzati possiedono quattro caratteristiche principali:

Complessità:
sono complessi i sistemi le cui parti si intrecciano l’una all’altra tramite relazioni mutuali in permanente cambiamento. Le parti possono cambiare similmente ogni volta. La complessità rende più difficile la descrizione e la previsione del comportamento dei sistemi nella loro interezza.

Autoreferenza:
i sistemi auto-organizzanti sono autoreferenti e mostrano una unanimità operativa. Vale a dire che “ogni comportamento del sistema retroagisce su se stesso e diviene il punto di partenza per un nuovo comportamento”. I sistemi operativi chiusi non agiscono a seguito di influenze dell’ambiente esterno, ma sono responsabili in modo indipendente e autonomo di loro stessi. L’autoreferenza è un concetto valido anche nel caso dei sistemi aperti.

Ridondanza:
nei sistemi auto-organizzanti non vi è alcuna separazione di principio tra le parti organizzanti, ordinanti o che guidano l’evoluzione del sistema stesso. Tutte queste parti rappresentano potenziali artefici.

Autonomia:
i sistemi auto-organizzanti sono autonomi se le relazioni e interazioni che definiscono il sistema come un tutt’uno sono determinate solamente dal sistema stesso.
L’autonomia si riferisce solamente a certi criteri, dato che esiste sempre la possibilità di scambiare materia ed energia con l’ambiente.

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